Cosa succede nel nostro cervello quando siamo tristi o euforici, arrabbiati o ottimisti, oppure quando abbiamo a che fare con gli altri? Quali sono le strutture cerebrali alla base della vita emotiva?
Richard J. Davidson ha svolto un lavoro incredibile che può aiutarci a comprendere i nostri stili emozionali e capire meglio noi stessi e anche gli altri.
Ho da subito amato il lavoro di Davidson con Sharon Begley, che lui porta avanti da più di 30 anni perché ho riconosciuto tanti comportamenti che notavo ma a cui non sapevo dare un nome e una posizione precisi.
Per esempio. Diverse volte mi è capitato di osservare delle persone che parlavano parlavano senza rendersi conto della situazione e che avrebbero fatto meglio a star zitti… in questi casi mi chiedo “ma come mai non si rendono conto che stanno facendo la cosa sbagliata e continuano imperterriti?”.
Oppure un altro caso degno di nota sono le persone che qualsiasi cosa stiano facendo si distraggono continuamente e con estrema facilità, tu non riesci a stargli dietro, affanni a seguirli mentre loro non si rendono conto di nulla e perseguono con lo stesso modo di fare senza percepire il disagio del loro interlocutore.
Fino a non molti anni fa la ricerca psicologica e neuroscientifica non era affatto interessata al «cuore», ma solo alla «testa», ossia alle funzioni cognitive. Negli anni ’70 Richard Davidson si è fatto molte domande e ha così inaugurato un nuovo settore di studi che è stato chiamato neuroscienze affettive, riuscendo a dimostrare la sua intuizione iniziale: ragione e sentimento non sono polarità inconciliabili, e a ciascuna corrispondono zone e funzioni cerebrali specifiche.
Su queste basi, dopo avere condotto esperimenti di ogni genere, osservato il cervello di centinaia di persone e effettuato molteplici risonanze magnetiche, Davison ha formulato la teoria degli stili emozionali: 6 dimensioni emotive che descrivono la personalità di ognuno. Poiché le emozioni si fondano su precise basi neurali, è possibile intervenire sui nostri comportamenti, disfunzionali o meno. Le neuroscienze hanno persino individuato nella meditazione uno strumento molto potente per modificare le strutture cerebrali, sfruttandone la neuroplasticità.
Il cervello non è una scatola impenetrabile e immutabile come si è pensato per secoli: migliorandone il funzionamento, possiamo vivere meglio con noi stessi e con gli altri.
Lui dice che ogni persona ha un suo particolare stile emozionale, che sarebbe il modo che ognuno di noi ha di rispondere alle esperienze della vita. Ogni stile emozionale è governato da circuiti cerebrali specifici e identificabili, e si può osservare utilizzando metodi di laboratorio oggettivi.
Insomma sì, le emozioni – come ben sappiamo tutti – sono anche nel cuore che batte forte, nello stomaco che sfarfalla, nelle gambe che tremano. E tutto questo ha origine nel cervello.
Secondo il principio che per avere di più devi essere di più e questo essere di più parte dalla consapevolezza di te stesso e dal miglioramento continuo di noi e delle nostre capacità. Per migliorare i risultati esterni dobbiamo potenziare e aumentare le nostre capacità e per farlo dobbiamo partire dal conoscerci nei nostri comportamenti e nelle nostre abilità.
Se non conosciamo bene i nostri comportamenti, le nostre attitudini e i nostri stati emozionali ci sarà difficile anche riconoscerli negli altri e nelle nostre interazioni con gli altri e avere i giusti comportamenti e azioni nell’ambiente in cui operiamo e viviamo.
Davidson sostiene che lo stile emozionale di ogni persona dipende da come sono combinate tra loro 6 diverse dimensioni.
Quali sono i 6 stili emozionali?
RESILIENZA
Misura la lentezza o rapidità con cui ci riprendiamo dalle avversità.
A una persona estremamente resiliente può mancare la motivazione per affrontare e superare le sfide, accettando ogni ostacolo con una metaforica alzata di spalle e un atteggiamento del tipo “non ci pensare e stai sereno”.
Al contrario essere lenti a riprendervi può impedirvi di rimettervi in marcia dopo una battuta d’arresto, e continuerete ad arrabbiarvi e a essere ossessionati per qualcosa che ormai è un capitolo chiuso.
Bisogna misurare il tempo di recupero nominale, ovvero il tempo medio che occorre per riprendervi. Indipendentemente da quanto sia grande o piccolo l’episodio specifico, gli individui si riprendono con velocità notevolmente diverse. Quanto più veloce è il recupero, tanto più resiliente è la persona di fronte all’avversità.
PROSPETTIVA
Misura la nostra capacità di mantenere nel tempo emozioni positive.
Costoro possiedono una capacità elevatissima di conservare le emozioni positive. E l’aspetto fondamentale della dimensione: questa non misura la capacità di provare gioia ma quella di mantenerla viva.
La durata delle sensazioni positive ha un forte effetto sulla vostra visione generale del futuro, cioè della vostra prospettiva globale: una personale il cui stato d’animo positivo dura nel tempo tende a essere ottimista, mentre una persona i cui momenti di felicità durano microsecondi si sentirà cronicamente triste e pessimista.
INTUITO SOCIALE
Misura l’abilità di saper cogliere i segnali sociali inviati dalle persone intorno a noi.
Le persone socialmente intuitive possiedono una capacità straordinaria di cogliere gli indizi non verbali più sottili, di leggere il linguaggio del corpo degli altri, il loro tono di voce e le espressioni facciali.
Ci sono enormi differenze nella capacità delle persone di recepire i segnali sociali non verbali.
Se siamo in grado di decodificare e comprendere i segnali sociali, significa che possiamo rispondervi.
SENSIBILITA' AL CONTESTO
Misura la nostra capacità di modulare le reazioni emotive tenendo conto del contesto in cui ci troviamo.
La sensibilità al contesto è perlopiù intuitiva e siccome tanto il contesto sociale quanto il nostro comportamento hanno spesso valenze emozionali implicite (matrimonio, felicità, decoro, relazioni, immoralità), ritengo che questa dimensione sia una componente importante dello stile emozionale.
La sensibilità alle regole nelle relazioni sociali e la capacità di modulare le emozioni e il comportamento, di conseguenza variano enormemente da una persona all’altra.
AUTOCONSAPEVOLEZZA
Misura la nostra capacità di percepire le sensazioni fisiche che riflettono le nostre emozioni.
Sono le persone completamente cieche e sorde alle proprie emozioni. Non stanno negando la realtà, sono davvero inconsapevoli dei segnali emotivi che esprimono col loro corpo. Ma riflette anche differenze nella capacità di riconoscerli e interpretarli, oltre che nella sensibilità a essi.
Per alcune persone è molto difficile sentire ciò che sentono: possono impiegare giorni per capire di essere arrabbiate, tristi, gelose o spaventate. All’opposto ci sono persone consapevoli di sé, coloro che sono profondamente consci di ciò che pensano e provano e sensibili ai messaggi che il corpo invia loro.
Questa elevata sensibilità può però risultare utile sotto molti punti di vista. Sembra che abbia un ruolo fondamentale nell’empatia, ovvero nella capacità di provare ciò che provano gli altri e, dato che ci permette di comprendere i nostri stati emozionali, può aiutarci a evitare fraintendimenti nelle discussioni con il partner.
Quando una persona dotata di antenne emozionali molto sensibili a ciò che prova osservando il dolore di qualcun altro, ne avvertirà l’ansia o la tristezza nella propria mente e nel proprio corpo, e ciò farà aumentare il tasso di cortisolo, la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
ATTENZIONE
Misura l’intensità e la chiarezza con cui siamo in grado di focalizzarci su un certo oggetto.
La capacità di filtrare le distrazioni emozionali è correlata alla capacità di filtrare le distrazioni sensoriali. Attenzione ed emozioni sono strettamente associati. Poiché gli stimoli emozionali controllano una quota enorme della nostra attenzione, disporre di una bussola interiore stabile che ci permetta di concentrarci con calma e di resistere alle distrazioni è un aspetto centrale dello stile emozionale.
Attenzione selettiva, la capacità di rimanere immersi nel mare di stimoli da cui siamo costantemente circondati e tuttavia, come per miracolo, riuscire a fare attenzione a un’unica cosa.
La consapevolezza aperta non giudicante. Si tratta della capacità di rimanere ricettivi a tutto ciò che potrebbe entrare nei nostri pensieri, o essere avvertito tramite la vista, l’udito o il tatto, e di farlo mantenendosene distaccati.
Chi padroneggia questa capacità spesso sembra possedere una sorta di bussola interiore che gli permette di mantenere la propria attenzione concentrata nella direzione voluta, evitando che venga sballottata qua e là dagli eventi.
Una consapevolezza aperta non giudicante, è anche fondamentale per essere in sintonia con l’ambiente in cui ci troviamo, nonché con i nostri pensieri e le nostre emozioni, e come tale ricopre un ruolo importante per l’autoconsapevolezza e per l’intuito sociale.
Se non possediamo la capacità di mantenere una consapevolezza aperta, non giudicante, possiamo lasciarci sfuggire sia i tenui segnali provenienti dall’interno del nostro corpo e della nostra mente: sia gli indizi più sfumati presenti nella realtà sociale che ci circonda.
Lo stile emozionale è un modo coerente di rispondere alle esperienze della vita. Incide sulla probabilità di sperimentare particolari tratti emozionali e stati d’animo.
Queste dimensioni dello stile emozionale rivelano proprietà e pattern del cervello, cioè gli elementi indispensabili per elaborare qualsiasi modello comportamentale ed emotivo.
Se le 6 dimensioni non rispecchiano il modo in cui comprendi te stesso e coloro che ti sono vicini, probabilmente è perché alcune agiscono ad un livello non immediatamente evidente. Ad esempio, tendiamo a non essere consapevoli della nostra resilienza. Con poche eccezioni, non prestiamo attenzione al tempo che ci è necessario per riprenderci da una situazione stressante.
L’unità emotiva più piccola e sfuggente è uno stato emozionale. In genere ha una durata di pochi secondi e tende ad essere innescato da un’esperienza. Indipendentemente dal fatto che siano attivati da esperienze reali o mentali, gli stati emozionali tendono a svanire per lasciare spazio agli stati che sorgeranno in seguito.
Una sensazione che dura nel tempo per minuti, ore o persino giorni è invece uno stato d’animo o umore, come quando diciamo che qualcuno è di cattivo umore. Un modo di sentire che vi caratterizza non per giorni ma per anni, è un tratto emozionale.
Tutto quello che ha a che fare con il comportamento, i sentimenti e i modi di pensare ha origine nel cervello, e perciò qualsiasi classificazione valida deve basarsi anche sulle funzioni cerebrali. Comprendere la base neurale delle sei dimensioni consente di riconoscere il nostro stile emozionale.
Il nostro stile emozionale è il risultato di circuiti cerebrali che si sono definiti nei primi anni di vita sulla base dei geni ereditati dai genitori e dalle esperienze che abbiamo vissuto. Ma questo insieme di circostanze non è fissato per sempre.
Benché in genere rimanga piuttosto stabile nel corso del tempo, uno stile emozionale può essere modificato da esperienze contingenti e, in qualsiasi momento della vita, da un tentativo conscio, intenzionale, di coltivare specifiche qualità o abitudini mentali.
Hai la possibilità di modificare il tuo stile emozionale per migliorare la tua resilienza, l’intuito sociale, la sensibilità ai tuoi stati emozionali e psicologici interiori, i meccanismi di coping, la capacità d’attenzione e il senso di benessere.
Attraverso il training mentale puoi alterare i pattern di attività cerebrale e la struttura stessa del cervello modificando il tuo stile emozionale e migliorando la tua vita.
Un consiglio è quello di valutare questi metodi per determinare non solo te stesso, ma anche in quale delle sei dimensioni si posiziona qualcuno che ti è vicino; quanto meglio conosci una persona, tanto più precisa sarà la tua valutazione.
Se vuoi misurare il tuo Sé Emozionale ti suggerisco di fare il TEST tratto dal libro “La Vita emotiva del Cervello“